L'Africa di Walter, una coltellata nello stomaco
Venerdì 04 Luglio - 16:31 Federica Ferretti
Che ritrovate dentro ad un film in prossima uscita, Teranga, dei cui sviluppi potrete essere aggiornati sulla pagina FB appena linkata.
E per cui è impegnato un altro abruzzese, il compositore Enrico Melozzi.
Ma, nel frattempo, ci concede pure un'anteprima eccezionale, un filmato che va oltre "il mio film in costruzione. E' un regalo che ho voluto fare ai membri dell'associazione che costruisce scuole in Senegal: tanti di loro sono abruzzesi, a cominciare dalla straordinaria preside del liceo Algeri Marino di Casoli (Ch), Costanza Cavaliere. Il primo viaggio in Senegal l'ho fatto con loro e questo video testimonia il lavoro fatto lì da tanti miei corregionali"
A questo link, potrete assaporalro fino all'ultima struggente immagine...
http://www.youtube.com/watch?v=iufusFMhafU&;feature=youtu.be
F.F. Esordi… Walter Nanni: 1992… Ho iniziato a 19 anni, in una televisione privata di Teramo (dove frequentavo l’Università):
si chiamava “Verde Tv”. Feci un provino con il direttore, Elso Serpentini, e qualche giorno dopo mi
ritrovai a leggere il Telegiornale in diretta. Un’esperienza magnifica, durata quattro anni, dove ho
imparato tantissimo e dove ho trovato energie, motivazioni e strumenti culturali per iniziare il mio
percorso nel mondo della comunicazione e dell’arte. Trovare dei buoni maestri quando si è ragazzi
è come vincere al superenalotto. Quell’esperienza, cercata e fortemente voluta, è stato il mio
biglietto vincente nella lotteria della vita. Dopo più di vent’anni sono ancora qui.
F.F. Cos’ è per te la scrittura?
Walter Nanni: Un atto d’amore nei confronti di chi leggerà: scrivere è cercare di trovare le parole giuste per
comunicare con gli altri, cercando di andare in profondità. Tecnica e cuore. Non sempre viene
bene, proprio come l’amore… ma una parola “scritta” può davvero cambiare il mondo. F.F. Volevi fare il giornalista…e poi?
Walter Nanni: …e poi ho capito che fare solo il giornalista sarebbe stato, almeno per me, un po’ limitante. La
curiosità e l’istinto mi hanno portato su altre strade. Certo, è stato “il primo amore” e nei miei lavori
c’è sempre una matrice giornalistica.
F.F. Quando e come Walter diventa regista?
Walter Nanni: E’ stata la naturale conseguenza delle tante esperienze fatte. Un punto d’arrivo e non di partenza.
F.F. Il teatro: all’inizio o alla fine del tuo percorso?
Walter Nanni: Nel 2000 lasciai il giornalismo per il teatro. I tanti spettacoli, i monologhi a teatro e il pubblico mi hanno fatto diventare un uomo libero. Dieci anni in cartellone al teatro dei Satiri di Roma mi hanno
fatto crescere tanto. E’ stato anche uno dei periodi più divertenti della mia vita. Ogni tanto torno a
fare qualcosa ma il mio presente e il mio futuro sono dietro la telecamera.
F.F. I tuoi documentari vincono dei premi ambiti…
Walter Nanni:I premi rappresentano soprattutto uno straordinario mezzo per promuovere un’opera e arrivare al
maggior numero di persone possibile. I festival sono anche un bellissimo momento d’incontro con il
pubblico e con la critica. I premi appagano anche qualche inevitabile bisogno narcisistico ma sono
molto felice, oggi, di scoprire che questo aspetto è sempre meno importante per me.
F.F. Raccontaci la terra d’Africa.
Walter Nanni: Come tornare alla fonte, all’essenza. Una terra piena di odori, amarezze, ingiustizie pazzesche,
felicità altissime, parole diverse, umanità. L’Africa è una coltellata nello stomaco: dalla ferita che
lascia, però, non esce sangue ma emozioni e qualche verità in più. F.F. Come si inserisce quest’esperienza nel tuo vissuto?
Walter Nanni: Un’esperienza che è arrivata nel momento giusto per me e che ho potuto affrontare con felicità e curiosità. Studio i fenomeni migratori da tempo, sono arrivato ad affrontare quest’avventura perché preparato sia da un punto di vista tecnico che umano. Girare e raccontare l’Africa, poi, è sempre stato un mio desiderio, un sogno che volevo realizzare sin da ragazzo. Quando ero adolescente avevamo un amico di famiglia originario del Senegal, Babacar: i suoi racconti mi incuriosivano e mi affascinavano sempre.
Quest’anno, grazie anche all’Associazione “Una scuola di arcobaleni”, si sono create le condizioni giuste per poter affrontare questo viaggio e mi sono buttato a capofitto in questa avventura umana e artistica. Credo sia necessario raccontare le emigrazioni dall’Africa
verso l’Europa. La conoscenza, solo la conoscenza, può aiutarci a capire fenomeni così grandi
come i flussi migratori e a trovare gli strumenti giusti per affrontare il problema. Ogni giorno
arrivano notizie di africani morti in mare, nel Mediterraneo come nell’Oceano Atlatico: una cosa
inaccettabile, inaccettabile.
F.F. Quanto Abruzzo ti sei portato dietro, in quel viaggio?
Walter Nanni: Tante persone con cui ho affrontato questi viaggi sono abruzzesi, a cominciare da Costanza
Cavaliere, la preside del liceo di Casoli, e da i membri della mia troupe. La verità però è un’altra:
l’Abruzzo non me lo sono dovuto portare dietro, l’ho ritrovato in Africa, nei gesti delle donne e nella
vita quotidiana delle persone. Ho ritrovato i racconti di mia nonna quando, da ragazzo, mi parlava dell’Abruzzo del dopoguerra e le difficoltà di quel tempo.
F.F. C’è un argomento di cui vorresti ancora trattare, ma che non ce l’hai ancora fatta?
Walter Nanni: Tutto. Tranne il bombing jumping. Entro il 2016 spero di riuscire a realizzare un altro sogno: la
traversata in barca a vela dal Portogallo alle Galapagos.
Federica Ferretti
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