domenica 25 ottobre 2015

Se la musica redime gli umili: la scelta di Pasolini.



Come ricorderete, la nostra scrittrice e giornalista Federica Ferretti, ripropone da qualche tempo i suoi articoli più interessanti, inizialmente pubblicati altrove(http://www.ilcorrieredabruzzo.it/cultura/19462-se-la-musica-redime-gli-umili-la-qtrasgressione-culturaleq-di-pasolini.html), tra cui quello che riguarda la particolare attenzione di Pasolini per la musica in quanto linguaggio.
Che diventa un mezzo, l'unico di redenzione degli umili.
Ricordando il quarantennale della sua morte, avvenuta il 2 novembre 1975.



Raccontare dell'inscindibilità tra la musica e le immagini nella cinematografia del Novecento ci porta a ad esaminare i fondamenti di una speciale sensibilità democratica, dove il linguaggio musicale veicola valori ed emozioni, stati d'animo, esigenze della propria società, seppure nelle sue mille contraddizioni.
Infatti, parlare della musica in termini sociopolitici significa per Pasolini, noto regista italiano tragicamente scomparso, tracciare un punto di partenza, non di arrivo, tale per cui Bach diventa un vero e proprio strumento di redenzione dei "Suoi" umili, quelli che, in questa vita, sono comunque perdenti.
Perciò non è vero che il cosiddetto commento,introdotto cioè a livello extra-diegetico, ossia esterno alla "narrazione" e perciò percepibile dal solo spettatore, sia usato dal nostro regista in una maniera a fin troppo ingenua, così "scoperta e disarmante".
Occorre invece rileggere daccapo la poetica di un uomo che ha dimostrato l'asessualità dell'arte come pochi altri hanno saputo.
Nel suo Accattone, emarginazione e povertà vengono letteralmente suturate grazie ad una concezione salvifica di uno dei brani più rappresentativi dell'epoca barocca.
Pasolini, vissuto nel pieno della svolta economica italiana, avverte l'esigenza di cambiamento anche da parte degli "sbandati", coloro che stanno in fondo, e che non possono per alcun caso, neppure fortuito, risalire la china, dai condannati a priori al degrado.
Di qui, la "trasgressione culturale" che non gli è stata mai del tutto perdonata: involgarire Bach, chiamato a sublimare una rissa tra borgatari romani, nello squallore di una giornata che sarebbe dovuta invece scorrere nella stessa miseria delle precedenti, così come delle seguenti.
Il proletariato veniva in qualche modo "sacralizzato", la contaminazione tra la vista e l'udito, avrebbe cioè potuto restituire loro quel sapore epico che in diverse condizioni, ci sarebbe ancora per una volta sfuggito. I contenuti tradizionalmente conferiti alla musica barocca per eccellenza, andavano a permeare immagini di brutalità quotidiana, a cui, almeno per una volta, veniva restituita la dignità.
Ed un uomo, è tale fino a quando ne possiede una.
Non si può condannare perciò un regista, perché ha cercato di salvare un Accattone.
Ma erano tempi duri... eppure, Pasolini, continua a combatte contro pregiudizi che lo hanno condannato da sempre, senza possibilità di affrancarsi dalla sua, personalissima, condizione.

Federica Ferretti

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