martedì 17 novembre 2015

Interviste eccellenti: il Made in Abruzzo di Filippo Flocco...

Vi ricordate Le mie eccellenze? 
All'indomani dell'ennesimo successo di un conterraneo come Filippo, sono lieta di riproporre la sua intervista davvero coinvolgente.

Made in Abruzzo: 
Filippo Flocco docet 
Sabato 12 Ottobre 2013- 11:08 Federica Ferretti 

Parte una nuova iniziativa: occuparci anche di moda, di un linguaggio che ci accomuna quotidianamente, unendoci, al di là di impenetrabili barriere. In una mini-inchiesta che, come capirete, ci riguarderà davvero da vicino. Infatti noterete come in questo ciclo di interventi di stilisti, disegnatori di successi come di sogni a vario titolo, il filo rosso seguito sarà stato il Made in Abruzzo, ovvero l’appartenenza al nostro territorio orgogliosamente sbandierata. È la volta del teramano Filippo Flocco, che collabora con i migliori Atelier del centro Italia e, da oltre quindici anni, è consulente stilistico di aziende che portano il loro prodotto in tutto il mondo. Si descrive come “il silenzioso, discreto consulente d'immagine e di stile di tanti personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport, della politica e dell'imprenditoria".
Federica Ferretti: Uno stilista del tuo calibro, perfezionatosi in Bocconi, che decide di restare in Abruzzo. Cosa ti lega al tuo territorio?  
Filippo Flocco: Gli affetti, la famiglia, il modo di vivere, poter raggiungere a piedi il posto di lavoro, a differenza di Parigi dove lavoro da diversi anni, facendo l'emigrante del lusso, che mi obbliga al Metrò. Non mi spaventa una realizzazione di Alta Moda, che richieda giorni e giorni per essere perfetta, un titolare di una Maison per cui faccio il responsabile stile che mi spinga nel freddo delle campagne francesi , in pieno inverno, ad osservare per settimane consecutive giardini e pagliai del XVI secolo, senza dirmene la ragione o una cliente particolarmente difficile. E’ il mio mestiere e sapevo, anni fa, che avrei dovuto sopportare rinunce o comportarmi in maniera molto rigorosa, se questo era quello che desideravo fare… Chi fa la Moda, a livelli internazionali, sa che non esistono ferie, festività o affetti, che riescano a tenertene lontano… E’ la moda stessa la tua vacanza, il tuo Natale, il tuo grande amore. Si deve essere pronti e predisposti a tutto questo. Ho il piacere di lavorare con dei miti dello Stile mondiale, che sono esempio di dedizione assoluta e che non finirò mai di ammirare per la modestia e semplicità dell’approccio a questo lavoro, che sono stati in grado di trasfondermi. Ma per favore non tenetemi troppo lontano da quella che mi piace considerare la mia vera casa, l'Abruzzo. 
F.F.Viceversa, cosa cambieresti del tuo territorio, se potessi intervenire con la tua sapienza “sartoriale”? 
Filippo Flocco: Assolutamente nulla, il territorio è perfetto sono alcuni di quelli che lo amministrano che andrebbero cambiati, casomai. Servono persone preparate, capaci di capire che il futuro della moda italiana è di innovarsi ed aprirsi a mercati inusuali, mai dimenticando che le nostre eccellenze, i nostri materiali , sono la nostra storia passata, presente ma soprattutto futura… Stradivari non avrebbe fatto gli stessi violini in altri luoghi del Mondo, come Michelangelo difficilmente ci avrebbe dato un’eredità così irriproducibile, senza i marmi di Carrara o la frequentazione delle botteghe artigiane italiane, oltre alla sua indiscussa genialità… F.F.Il primo abito che hai confezionato… 
Filippo Flocco: La moda come mestiere mi appartiene da sempre, è stata con me dai primi respiri, dalla mia primissima infanzia. Mi raccontano che piccolissimo, ritagliavo e cercavo di cucire assieme lembi di stoffe ricavate da vecchie tovaglie ed abbozzavo anche degli istintivi tentativi di ricamo, uno per tutti, il musetto di un gattino, fatto senza nessuna cognizione, come credevo si potesse fare… La predisposizione alla moda, come a tutte le manualità in genere, disegno o altro, sono connaturare, come il senso estetico, la musicalità o l’attitudine ai calcoli matematici… 
F.F.Quello che ancora riesci a realizzare. 
Filippo Flocco: Lavoro per tanti brands e maison che mi riesce difficoltoso immaginare qualcosa di irrealizzato. Ho avuto l'opportunità da ragazzo, di toccare anche abiti storici, dei miti dell'eleganza internazionale, nelle sartorie dei sogni,di Roma, dove facevo pratica. Ho visto un po' di tutto, fatto altrettanto. 
F.F.La moda si sposa inevitabilmente con le esigenze del mercato: useresti mai vintage nelle tue collezioni? 
Filippo Flocco: La moda che faccio essendo Haute Couture, non si lega alle esigenze del mercato. Preferisco il concetto di stile, è più durevole. Il vintage, come spunto, sì certamente. Sempre da tenere come riferimento. Ma reinterpretato, facendo in modo che una parte di noi restituisca qualcosa che esisteva già , ma in maniera completamente rinnovata, trasfigurando e arricchendo la realtà, che poi è di per se, uno dei privilegi che sono riservati ai creativi. F.F. Un percorso di successo, un atelier attivo: quanto è difficile resistere non tanto in Abruzzo quanto nel resto d’Italia? Filippo Flocco: Abbastanza, ma dipende molto dalle proprie aspettative. L’opportunità che mi viene data di non legare mai il mio nome ad un marchio e saper uscire di scena prima che l’applauso finisca, come per i bravi teatranti, fa in modo che il rapporto tra il positivo ed il negativo sia sempre equilibrato. Non lavorando solo per denaro, ma anche per il piacere del lavoro stesso, non mi sono mai preoccupato se le percentuali delle produzioni seguite, fossero salite o scese rispetto all’anno precedente… Non mi occupo di questo… Se continuo a ricevere tante richieste, nonostante non sia un carattere facilissimo ,sul lavoro, evidentemente tutto procede per il meglio, con buona pace di chi mi chiama , di chi lavora per me o con me… 
F.F. Le qualità di un bravo disegnatore, sono anche quelle di un bravo realizzatore? 
Filippo Flocco: Non obbligatoriamente. Ci sono creativi che disegnano benissimo, ma non sanno nemmeno tagliare un orlo. Ci sono sarti che non sanno fare un segno con la matita. Personalmente , prima che divenisse una esigenza, ho imparato a tagliare e cucire, per sapere cosa è realmente realizzabile e cosa no. Ma grazie al cielo ho delle formidabili assistenti e sarte che fanno questo al mio posto, per cui mi posso permettere di dedicarmi di più al disegno, alla scelta delle materie prime ed alle strategie di posizionamento prodotto o ai mercati internazionali a cui rivolgersi, se richiesto. 
F.F. L’ecosostenibilità dei tuoi capi… 
Filippo Flocco: La fortuna di lavorare per L'Alta Gamma, fa in modo che la scelta dei materiali e la produzione sia a bassissimo impatto ambientale. Uso solo materie prime naturali, evitando quelli che richiedono sistemi barbari per procurarsele.
F.F.Quanto ti senti arrivato? 
Filippo Flocco: Mai, per fortuna mai... Sempre con i piedi piantati bene a terra. Questo è un settore dove, per quante ricerche, per quanti studi di segmenti di mercato a cui ci si rivolge, per quante analisi dei dati storici di vendita si possano fare, ci sono varianti imprevedibili, nel risultato… Potrebbe capitare di perdere per un attimo,quel sesto senso che ci fa azzardare, contro il parere di tutti, un modello o un colore, che poi si rivela il best seller della stagione… Potrei considerare, anche io l’opportunità di una consulenza stilistica non efficace per una stagione… E’ accaduto ai migliori e gli errori aiutano molto più dei successi, alle volte. F.F. Consigli a chi vuole intraprendere, in Abruzzo, la tua medesima attività: quanto è in salita, ancora, la strada? 
Filippo Flocco: Quando i ragazzi e le ragazze che vogliono accostarsi al mio lavoro mi chiedono consigli, cerco sempre di ricordare quando ho iniziato , scruto i loro occhi , le mani , i segni del viso e cerco di capire quanto saranno in grado di sopportare il fatto che nessuno gli farà un ‘applauso al loro ingresso in un ufficio stile o in un atelier, ma che li vedranno come nemici, che nessuno amerà le loro idee, inizialmente, che spesso troveranno porte chiuse e responsabili del marchio , più grandi di loro , che non saranno teneri nei loro confronti. Provo a capire se saranno capaci di sorridere quando le lacrime tenteranno di uscire e se manterranno il controllo interiore , quando sembrerà che tutto il loro mondo vada a rotoli, cercando di trasmettere a chi gli sta accanto un senso di pace e benessere che è la vera soluzione dei grandi momenti di crisi che possono verificarsi durante una realizzazione collezione o un defilé… Ma soprattutto quanto amore hanno da donare agli altri attraverso le loro creazioni e quanto vogliono rendere più bello il loro Mondo, con il mestiere più unico, che gli sarà mai dato di fare… 
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giovedì 5 novembre 2015

Ciao all'eccellente Antonello de Sanctis, il paroliere di Anima mia...


Ancora un tuffo al cuore, una grande testimonianza da parte di un personaggio ormai cult nel panorama culturale italiano, che è stato molto più che vicino al nostro Abruzzo. e che si è raccontato con l'umiltà di cui era portatore, nell' Intervista esclusiva qui di seguito riportata. Lui, era il paroliere Antonello De Sanctis, un grande troppo prematuramente scomparso,lasciando anche nel mio piccolo cuore un immenso vuoto...una di quelle persone che, però, si fermavano a parlare con tutti, anche con me, che, ai tempi ero una tirocinante...non lo ringrazierò mai abbastanza.
Mai.
Ciao Antonello, ora, canterai con gli angeli...
 
Lunedì 21 Ottobre 2013 - 14:45 Federica Ferretti 

L’autore dell’indimenticabile Anima Mia, da sempre innamorato del Gran Sasso, si racconta a 360° in esclusiva per ilcorrieredabruzzo.it, auspicando l’immediata ricostruzione…
Come preannunciato, la Rubrica Le Eccellenze vuole rappresentare un progetto ambizioso: raccontare la realtà circostante con occhi ad ogni volta nuovi, aperti ad ogni volta ad indagare su un punto di osservazione diverso; una prospettiva che avrà la volontà di spostare l’angolazione, la nostra così come la vostra, per cogliere un altro spunto di vita, e di pensiero.
Cogliere un’idea, costruire un’ immagine che può essere diversa rispetto a quanto già detto, sentito, esaminato.
Questo il sapore delle nostre mini-inchieste: quello della scoperta di un filo rosso più o meno consistente, palpabile, di cui forse, non ci eravamo accorti. O che avevamo seguito solo a metà.
Alterniamo quindi le voci femminili a quelle maschili, che si sono parimenti distinte nel panorama tanto abruzzese quanto italiano.
Iniziamo con un autore legato per tanti versi alla nostra regione, il “paroliere” che ha interpretato le emozioni di un gruppo autoctono quale I Cugini di campagna, regalandoci negli anni ’70, la famosa canzone “ Anima Mia”recentemente riportata in auge da Fazio. Lui è Antonello De Sanctis, che ci lascia un esclusivo prezioso omaggio.


F.F. Nato durante la seconda guerra Mondiale, hai un back – ground anche in tema di canto “velatamente” politico: ci viene in mente Padre Davvero di Mimì, del 1971. Cosa puoi dirci a questo riguardo?
Non conosco la guerra per esperienza diretta, ne ho pagato le conseguenze però. La miseria, lo spartirsi il pane, il bello della gente che si dava da fare per ricostruirsi una vita. Il brutto no, quello l’ho dimenticato.
Padre davvero affrontava il tema della famiglia patriarcale e contestava la figura del padre-padrone. Fu politica? Non lo so. Certamente fu una bandiera per i giovani di allora o forse era soltanto una bella canzone impreziosita dall’interpretazione di un’artista straordinaria.

F.F. Come ha influenzato la tua attività, o meglio la tua sensibilità di autore l’esperienza dapprima in un carcere minorile e poi in un istituto per disabili psichici?
Mi ha certamente insegnato molto e mi sarebbe piaciuto trasferirla nelle mie canzoni. L’industria discografica di allora, però, mostrava un interesse pari allo zero per queste tematiche perché erano ritenute poco lucrative e così non se ne è fatto niente. Regalare a Francesco de Gregori la lettera che mi aveva scritto uno dei ragazzi dal carcere, però, e vederlo commuoversi nel leggerla, mi riempì il cuore. Fu un passare idealmente il testimone a un grande artista che ha trattato tematiche sociali e politiche molto meglio di come avrei fatto io.

F.F. Hai avuto un “fermo creativo” negli anni ’80. 
Più che di fermo, parlerei di una mia scelta esistenziale. Ho lasciato per dieci anni l’ambiente della musica e mi sono dedicato alle esperienze di cui parlavamo sopra perché avevo voglia di fare qualcosa di utile. Scrivere canzoni è un mestiere fagocitante ed io desideravo riprendermi il mio tempo. A parte le esperienze con gli “emarginati”, mi sono creato una famiglia ed è questa la canzone più  bella che ho scritto. Ho ripreso nei primi ’90 con Mietta per poi iniziare con Nek una proficua collaborazione che ha portato le nostre canzoni i giro per il mondo.

F.F. La canzone “In Te” di Nek tocca un tema molto delicato, l’aborto. Impressioni a posteriori di un grande successo.
In te, come Padre davvero, ha scatenato un mucchio di polemiche. Non era un brano antiabortista, era solo la trasposizione una mia personale esperienza che racconto in “Non ho mai scritto per Celentano”. Anche in questo caso non volevo fare politica, ma la politica si appropriò delle mie parole e le criticò duramente con i suoi bla-bla-bla. Quello che mi fa ancora sorridere è che i giornali legati a correnti più conservatrici la adoravano, mentre i più progressisti la criticavano. L’esatto contrario di quello che era accaduto con Padre davvero. Bastava che s’informassero un po’, ero sempre io a scrivere.

F.F. Veniamo al tuo legame con i Cugini di Campagna, la cui “Anima mia”, ha potuto rivivere anche grazie all’interessamento di Fazio negli ultimi anni: come e perché nasce questo sodalizio?
Stavo iniziando allora a scrivere canzoni e Ivano Michetti, il leader dei Cugini, mi contattò. Venne una sera a cena, insieme a Flavio Paulin, nel ristorante che dirigevo e mi scippò letteralmente il testo di un brano che, pensa, era destinato a Little Tony. Rielaborarono insieme la musica e nacque Anima mia. Mi chiamarono e mi chiesero: “Che te ne pare?” “O è una stupidata o è geniale” risposi. Era geniale.

F.F. Sei legato al nostro Abruzzo?
Io sono nato a Rieti, in Sabina, luogo geograficamente vicino all’Abruzzo che ne ricorda gli umori, i sapori, le vibrazioni. Adoro questi posti, la schiettezza, la cordialità, il coraggio della loro gente che ha mantenuto la forza rude e la gentilezza della terra.

F.F. Perché non hai mai scritto per Celentano?
Semplicemente perché non mi è mai capitato e il mio libro l’ho voluto intitolare così perché Celentano è un cognome eufonico, che mi diverte. Niente di più. Senza nulla togliere a un artista che ha fatto la storia della musica italiana e non solo.

F.F.L’Antonello De Sanctis, scrittore di romanzi.
Sono finalmente affrancato dai limiti della metrica, delle parole tronche, delle sintesi forzate. Chi scrive romanzi è libero, chi scrive testi è un cavallo brado chiuso in un recinto. 

F.F.Ora, una domanda molto intrigante: un paroliere può trasformarsi in un romanziere o conserva sempre intatta la musicalità delle sue rime?
Ogni canzone ha insite le giuste parole nelle sue note, nei miei libri cerco sempre di fare l’esatto contrario e di far sì che le parole abbiano dentro la loro musica. 

F.F. Dedicheresti in esclusiva ai lettori de ilcorrieredabruzzo.it un tuo brano?
Non scrivo più canzoni ma sull’Abruzzo è già stata scritta una grande canzone che mi fa vibrare e che cantai una sera d’inverno davanti a un camino acceso con degli amici del luogo 

So' sajitu aju Gran Sassu,
so' remastu ammutulitu...
me parea che passu passu
se sajesse a j'infinitu!

Che poesia!
E da lassù, vicino al vostro cielo quasi a poterlo toccare, vorrei rivedere intatti i vostri monumenti martoriati, vorrei che la gente tornasse nelle sue case, vorrei vedere i bambini sorridere e vorrei che i cuori di tutta la gente del mondo battessero all’unisono con il cuore dilaniato della vostra terra.
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